LA NONNA È FELICE IN CANTINA
Quand'anche andassi
e senza andar tornassi,
ritroverei io,
me in me?
Poserei il mio occhio
sullo sguardo- umido e caldo-
della nonna viva
uccisa a sangue freddo
che dalla morte mi osserva?
Poserei io il mio sguardo
sul suo buon'animo ingordito?
Perché io mi condanno
alla gloria mondana,
al giudizio altrui,
perché non rinuncio all'infelice fedeltá
di chi col suo sangue
la mia anima respinge
e – prigioniera credendomi
del rosso fiume che in comune scorriamo-
mi sputa, mi avvilisce,
e tenta uccidermi,
e io a me stessa?
Il mio cuor si addolora
e d'indegno
la sua furia s'impregna.
Perché commetto io
questo peccato?
Perché faccio io
questo torto a me stessa?
Perché mi tradisco
rinforzandomi nell'acqua putrefatta
del mio orgoglio ferito?
Non mai piú e sempre piú,
vado e ritorno.
Monti e mari son miei,
e io, son loro.
Rinnegarmi no.
Negarmi l'orgoglio sí.
Attribuirmi intrepida virtú e difetti
sempre quando io saró
ció che son stata e sapró
che il passato é ragione
e il futuro anche lo é.